Contatto Editoriale:
Paolo Lista,
Lista Studio srl®
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Immaginatevi la caduta rovinosa al suolo di un
elicottero di 4 tonnellate, fatta di
proposito. E' il compito del NASA Impact Dynamics Research Facility ad Hampton,
nello stato di Virginia negli USA, il laboratorio incaricato di
verificare la resistenza strutturale dei velivoli all'impatto.
Dal momento che, per definizione, si tratta di crash tests distruttivi,
queste sono ovviamente le ultime prove che vengono condotte
sui prototipi di nuovi velivoli che utilizzano materiali innovativi o
tecnologie costruttive mai sperimentate.
Ma spesso si ricorre anche a modelli di aerei commerciali o militari
già in produzione, nel tentativo di ricreare le condizioni
di qualche evento catastrofico e di capire come aumentare le possibilità
di superare tali evenienze.
In una tipica simulazione di crash, il veivolo oggetto di analisi
viene sospeso in alto con delle funi da una piattaforma di una decina di metri,
la stessa piattaforma utilizzata dalla NASA per simulare la discesa sulla luna
dei primi moduli delle spedizioni Apollo. Ora questa piattaforma consente
agli ingegneri della NASA e delle forze armate americane come Richard
Boitnott di replicare le condizioni di crash reali o presunti
posizionando i veivoli con una precisa angolazione rispetto al suolo
e rilasciandoli provocandone la rovinosa caduta per effetto della gravità.
Questi velivoli sono riempiti di sensori e strumenti
per il monitoraggio continuo della dinamica dell'urto e
la registrazione di tutti i parametri.
Migliorare le possibilità di riuscita
C'è un problema insito in questo esperimento: gli apparecchi
di misura hanno una sola possibilità di registrare i dati dell'impatto,
non essendo possibile sacrificare più velivoli per tentativi.
Pertanto, se il velivolo non viene rilasciato per l'impatto al suolo
esattamente come previsto, i dati da registrare possono facilmente
uscire dai margini di tolleranza e taratura della strumentazione,
rendendo purtroppo inutile tutta la prova. Per migliorare
le possibilità di riuscita dell'esperimento,
Boitnott ha iniziato a simulare virtualmente le condizioni di prova
ricorrendo al Working Model, un software di analisi cinematica e dinamica
prodotto dalla Knowledge Revolution americana.
Boitnott aveva sentito parlare del Working Model da un
professore del Politecnico della Virginia che ricorreva
ai prodotti della Knowledge Revolution per ausilio didattico.
Con questi programmi, infatti, l'applicazione automatica delle leggi della meccanica
agli elementi CAD consente la realizzazione di uno scenario dove
il moto dei vari elementi non è più ipotizzato dall'operatore
ma bensì completamente risolto dal software.
Si possono allora condurre tutte le misure di velocità, forze e
sollecitazioni prima di costruire i prototipi fisici delle varie macchine.
In particolare, il test di crash è proprio l'applicazione
ideale di un software di prototipazione virtuale, in quanto Boitnott
poteva eseguire tutti gli aggiustamenti e prevedere il reale
andamento dell'esperimento senza distruggere inutilmente alcun velivolo.
Boitnott acquistò subito una copia del Working Model per
suo uso personale. Prima di venire a conoscenza del Working Model, egli
usava già un software di analisi cinematica e dinamica
sviluppato dalle Forze Armate Americane e dal Federal Aviation Administration
per provare la resistenza delle fusoliere. La sua interfaccia utente
di tipo matematico non era però assolutamente facile da usare,
e la limitata distribuzione di questo codice lo aveva in un certo
qual modo reso superato rispetto all'uso intensivo delle
interfaccie grafiche nell'industria.
"L'interfaccia utente del Working Model è veramente
incredibile," ha affermato Boitnott. "Il mio vecchio codice
non aveva nulla di simile, così immediatamente c'era un fattore
facilità d'uso che rendeva spontaneo il ricorso a questa
nuova soluzione." La versione bidimensionale del Working Model
lavora in entrambi gli ambienti Windows e Macintosh e pertanto
la familiarità con le finestre di dialogo, i menù a tendina e le icone
rendevano attraente e naturale la costruzione di una simulazione.
Prima di ogni crash, Boitnott definisce gli obbiettivi,
quali ad esempio l'angolo e la velocià di impatto al suolo
dell'elicottero; si stabilisce, ad esempio, che l'elicottero stia
volando ad una velocità verticale di 30 piedi al secondo, con una
componente di velocità orizzontale di 25 piedi al secondo ed un angolo
di impatto al suolo di 10 gradi in elevazione.
Boitnott iniziò a modellare questo caso tramite
il Working Model's Workspace, un CAD interno al Working Model
che consente di schizzare gli elementi della simulazione senza dover
necessariamente fare ricorso a disegni esterni.
Non aveva senso in questa fase disegnare in dettaglio
la carlinga dell'elicottero; bastava iniziare disegnando
un semplice profilo rettangolare.
A questo oggetto elementare dovevano però essere assegnate
la massa ed il momento di inerzia del caso reale, e questo
era possibile con un semplice doppio click del mouse sull'oggetto stesso.
Si apriva infatti in questo modo una finestra di caratteristiche
fisiche per quell'oggetto molto flessibile. Le scelte di default proposte dal
software potevano così essere calibrate con i valori noti di
densità o massa, attrito statico e dinamico, momento di inerzia,
carica elettrica, forze e sollecitazioni comunque agenti, compresa
gravità ed attrito aerodinamico. Erano disponibili
inoltre campi in cui inserire eventuali equazioni per tener conto di
particolari combinazioni di parametri nell'applicazione di qualche
proprietà fisica.
Un aspetto particolarmente importante per Boitnott consisteva
nel localizzare con precisione il centro di gravità, ovvero il
punto di fissaggio dei cavi che avrebbero sollevato e poi fatto
oscillare l'elicottero come un pendolo nel suo impatto al suolo.
Nel caso reale, una coppia di cavi di sospensione viene utilizzata per sostenere
l'elicottero mentre un terzo tirante viene utilizzato per
posizionare correttamente il veivolo nel previsto angolo
di impatto al suolo, combinazione degli angoli di beccheggio,
rollio e imbardata.
Il tirante viene rilasciato per primo non appena si lancia il
crash test, mentre i due cavi di sospensione pendolare vengono
staccati un attimo prima dell'impatto al suolo del veivolo,
in modo che questo al momento dell'impatto sia in moto libero di caduta
senza alcuna influenza esterna trasmessa dalle funi.
Nel caso dell'elicottero in corso di analisi, Boitnott
aveva trovato che il centro di gravità si trovava 5 piedi
dal profilo inferiore, e pertanto modellò semplicemente
la massa rettangolare con una altezza di 10 piedi.
Dal momento che si voleva che la trave di coda toccasse il suolo
per prima, notò che essa era lunga 20 piedi a poppa
dal centro di gravità, orientò l'elicottero in modo
che al momento dell'impatto avesse il muso sollevato di 10°.
Reverse engineering
"Ho poi collegato il tirante al centro di gravità del rettangolo
che nel Working Model rappresentava l'elicottero," ha riferito Boitnott.
"Di fatto ho proceduto lavorando all'incontrario per
vedere quanto in alto dovesse andare per precipitare
con l'orientamento prefissato." Boitnott, in
altre parole, stava usando il Working Model in reverse
engineering - ovvero lavorando a partire da una conclusione nota (l'impatto
desiderato) per determinare le precise condizioni iniziali che viceversa erano sconosciute,
cioè come si doveva rilasciare l'elicottero per ottenere
un'istante dopo quel catastrofico impatto al suolo.
Determinati in questo modo le lunghezze ed i punti di collegamento delle funi,
Boitnott posizionò il suo modello per il crash virtuale.
Nel Working Model era possibile lanciare la simulazione tutte le
volte che si desiderava, e così Boitnott poteva aggiustare
la posizione dei punti di collegamento delle funi, la posizione
dell'elicottero prima che venisse rilasciato e perfino le
condizioni di carico su ciascuna fune.
Egli "lasciò precipitare" il suo elicottero virtuale
più e più volte mentre il Working Model scandiva
nelle finestre di misura lo scorrere del tempo (meno di tre secondi)
e la ripartizione di carico nelle funi (da 990 kg in condizioni
statiche ad oltre 6300 kg di carico dinamico immediatamente prima dell'impatto).
Tutto quello che Boitnott doveva fare era selezionare
quali misure intendeva eseguire in ogni nuova simulazione.
La selezione di queste misure avviene con il semplice click del mouse;
a fianco del modello si aprono delle finestre di misura
con i grafici dell'andamento delle grandezze richieste.
La simulazione stessa può essere ripetuta quante volte si desidera ed
esaminata come in moviola, mentre tutte le misure
possono essere salvate sotto forma di dati in tabella per uno studio
a posteriori.
Grazie alle simulazioni, con il Working Model si sono potute
sperimentare varie configurazioni iniziali di caduta
per ottenere in modo sicuro le condizioni di impatto richieste.
Cliccare
qui per scaricare il filmato Windows AVI
della completa simulazione
3D di un crash di un velivolo
Cliccare
qui per scaricare il filmato Windows AVI
della simulazione 3D dell'impatto
del carrello sulla pista
Cliccare
qui per scaricare il filmato Windows AVI
della simulazione 3D dell'atterraggio.
"Per esempio, potevo vedere cosa sarebbe successo
se si fossero collegati i cavi in un punto anche poco
distante dal centro di gravità,"
ha detto Boitnott. "Si tratta di fattori estremamente importanti
perchè se l'elicottero non urta il suolo nelle
condizioni previste tutto il test può risultare vano
e si è distrutto inutilmente un velivolo."
Gli ingegneri della sicurezza alla NASA eseguivano sempre
i calcoli per determinare la tensione sulle due grosse funi di pendolamento,
ma tuttavia non c'era un metodo per determinare l'andamento istantaneo
delle condizioni di carico anche sul terzo cavo, il tirante che controllava
effettivamente l'angolazione con cui il velivolo avrebbe urtato
il suolo. Ora c'era una soluzione, dal momento che il Working Model
monitorava il carico sulle tre funi man mano che questo oscillava nell'aria.
"E' difficile calcolare la ripartizione di carico simultanea
su tre funi. Con il Working Model, potevo vedere
in ogni istante come questa variava man mano che il velivolo compiva la sua
traiettoria fatale. Conoscendo la risposta elastica alle sollecitazioni
di quelle fune potevamo finalmente sperare di assicurare
le esatte condizioni di impatto previste per quel modello di
elicottero, per esempio a 10° di impennata."
Il Working Model aveva inoltre mostrato agli ingegneri
delle Forze Armate come le condizioni di impatto risentivano
sensibilmente di un non corretto posizionamento delle funi, anche
di pochi cm. "Le nostre equazioni si basano su assunti molto precisi
ovvero sulla perfezione, ma di fatto non sapevamo mai con esattezza
dove si trovasse il centro di gravità per quel velivolo."
Boitnott aggiungeva inoltre che macchine fotografiche, manichini antropomorfi
e altre strumentazioni di controllo caricate a bordo
per registrare i dati dell'impatto influenzavano non poco la
posizione di questo centro di gravità.
Le simulazioni con il Working Model fornivano risposta a domande
che Boitnott non aveva mai potuto porsi prima, come "Di quanto
posso sbagliare nello posizionare i cavi senza invalidare tutto il test?"
La simulazione rivelava cosa sarebbe successo nella realtà per un errore
di questo tipo. "Bastava solo mezzo piede e ottenevamo
un crash con l'elicottero impennato di 15° anzichè di 20°, il che
rendeva inutile la taratura degli strumenti a bordo e ci faceva quindi
sprecare un elicottero." Per risolvere questo problema
Boitnott costruì uno scenario del tipo "cosa succede se" nel Working Model,
lavorando sui parametri iniziali fintanto che non otteneva
il corretto angolo di impatto.
Egli sapeva che il modo più sicuro per ottenere questo risultato
consisteva nell'aggiungere massa all'interno del velivolo
o cambiare il punto di unione delle funi. Tentò quindi
cambiando un parametro alla volta, esaminando la simulazione e ritoccando
i valori su cui poteva intervenire. Dopo varie simulazioni
aveva trovato una scelta di condizioni iniziali che consentivano
di ottenere l'angolo di impatto richiesto pur tollerando le inevitabili
imprecisioni su masse, centro di gravità e punti di fissaggio
delle funi.
Per aggiungere maggiore realismo, Boitnott simulò anche il distacco
delle funi dall'elicottero un attimo prima che questo
impatti al suolo "grazie ad una semplice equazione di controllo
che lavora come un conto alla rovescia."
Il Working Model ha anche aiutato Boitnott ad aumentare gli standards
di sicurezza durante l'esecuzione di questi tests. "
Con il Working Model ho potuto controllare di non superare il carico
di sicurezza su ciascuna fune mentre tentavo simultaneamente di
ottenere il corretto angolo di impatto," ha aggiunto Boitnott.
Boitnott era infatti in grado di monitorare l'andamento dei carichi su
ciascuna fune mentre veniva eseguita ogni simulazione
attraverso i grafici che mostravano le fluttuazioni di carico.
Boitnott riferisce che i suoi colleghi ingegneri
sono stati molto impressionati dai primi risultati conseguiti con
questo software di analisi cinematica e dinamica. "Il Working Model ci ha
dato maggiore libertà," ha detto Boitnott. "Ha reso più
veloce il nostro lavoro meglio di ogni altro strumento io abbia mai utilizzato."
È palese il risparmio di soldi che si può conseguire
quando le Forze Armate od un produttore di velivoli commerciali
può evitare di ripetere un test di crash - e ridurre simultaneamente
i rischi di incidenti per il personale addetto all'allestimento
di queste prove distruttive.
Boitnott ha continuato ad indagare sulle possibili applicazioni
del Working Model. Dai primi lavori svolti con la sua copia personale
del software a quelli realizzati successivamente con le licenze aziendali
i risultati conseguiti sono stati sempre più sorprendenti.
Si è passati ad esempio ad esaminare l'assorbimento di energia di una
semisezione della carlinga dell'elicottero durante l'impatto al suolo,
fino a modellare completamente l'urto
di un modello tridimensionale di aeroplano.
Perchè lanciare elicotteri da una piattaforma? "Per capire cosa succede
durante una collisione e fare in modo che i nuovi velivoli siano
migliori e più sicuri per tutti i passeggeri. Abbiamo considerato finora
impatti al suolo," ha concluso Boitnott, " ma cosa succede nelle collisioni
tra velivoli in volo? Anche in quei casi dobbiamo indagare come aumentare le possibilità
di sopravvivenza di passeggeri e piloti."
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